Lina Schwarz
Scrittrice per l’infanzia e poetessa, Lina Schwarz nasce a Verona ma trascorre la gran parte della sua esistenza a Milano, dedicandosi alla scrittura per bambini con racconti e poesie pubblicati in volumi e nei principali periodici per l’infanzia. Attiva nell’Unione Femminile Nazionale, è tra i primi in Italia a diffondere i principi dell’Antroposofia di Rudolf Steiner.

Libri per i bimbi veri e vivi
Lina Schwarz, zia Lina come volle essere ricordata nella sua lapide, nasce a Verona in una famiglia di commercianti ebrei di origine ungherese il 20 marzo 1876. Nel 1890 i suoi genitori Edmondo Schwarz e Fanny Jung si trasferiscono a Milano, città natale della madre Fanny, con i quattro figli, oltre a Lina, Gustavo, Ugo e Lucia. Nel capoluogo lombardo Lina Schwarz trascorse la maggior parte della sua vita. Rimangono poche notizie della sua infanzia se non che, dopo qualche tentativo di frequentare le scuole, la famiglia decise, a causa della sua salute gracile, di farla studiare privatamente nella sua abitazione.
Nella sua lunga vita si impegnò in molti campi, fu attivista politica, traduttrice e, prima di tutto, poetessa e scrittrice per l’infanzia, autrice di ninnananne, cantilene, filastrocche e vere e proprie poesie pubblicate in volumi, ma anche nelle pagine del “Giornalino della Domenica” e del “Corriere dei Piccoli”; molte delle sue composizioni, come Stella stellina, sono arrivate fino ai nostri giorni e sono considerate poesia popolare senza più notizia della sua autrice.
Lina Schwarz esordisce nel 1904 con la sua prima raccolta di versi Il libro dei bimbi, pubblicata prima dall’Associazione Scuola e famiglia dell’Unione Femminile Nazionale, al cui finanziamento erano dedicati i proventi della vendita, poi dalla Bemporad di Firenze, a cui segue nel 1910 per la Ricordi Canzoncine per i bimbi con accompagnamento di pianoforte con musiche di Elisabetta Oddone e disegni di Aleardo Terzi. Uscirono, in seguito, separate, le due raccolte Ancora… e E poi basta!, pubblicate con grande successo insieme nel 1920 con le illustrazioni di Gugù, pseudonimo di Augusta Rasponi Del Sale; Ancora… e poi basta! ha avuto diverse ristampe fino all’ultima preziosa edizione, voluta dalla Hoepli, nel 2014.
Negli anni Venti passa alla casa editrice di Arnoldo Mondadori per la quale pubblica nel decennio successivo diverse brevi raccolte di versi e filastrocche con illustrazioni di Bruno Angoletta e Enrico Mauro Pinochi fino all’ultimo volume pubblicato nel 1933 Tra sera e mattina con pitture originali di Hilde Langen. Alcuni dei suoi versi saranno musicati da Nino Rota nel 1935.
Le sue poesie sono delicate e spiritose, talvolta malinconiche, ricche di giochi di parole, dal tono a tratti educativo ma mai moralistico, sempre dalla parte dei bambini e delle bambine.
Unione Femminile Nazionale
Lina Schwarz frequenta l’Unione Femminile Nazionale fondata a Milano nel 1899 da un gruppo di donne diverse per estrazione sociale e formazione culturale, tra cui Ersilia Bronzini Majno, Nina Sullam Rignano, Ada Negri Garlanda, Edvige Gessner Vonwiller, Adele Riva, Antonietta Rizzi Pisa, Jole Bellini Bersellini, Rebecca Berettini Calderini, il cui progetto politico è un femminismo caratterizzato dall’impegno pratico per la salvaguardia delle lavoratrici – operaie, maestre, impiegate, insegnanti di scuola media – e per l’affermazione del valore sociale della maternità. Schwarz partecipa all’esperienza dell’associazione La Fraterna, come ricorda in un opuscolo conservato nell’archivio dell’Unione Femminile.
La Fraterna nasce nel 1902 dopo lo sciopero delle piscinine, le bambine tra i 7 e i 13 anni che lavoravano nei negozi di moda milanesi. Assunte come apprendiste, venivano in realtà impiegate per lavori domestici, commissioni e consegne alle clienti, portando pacchi anche molto pesanti e lavorando dalle 11 alle 14 ore al giorno per guadagnare tra i 25 e i 30 centesimi a giornata. Lo sciopero, iniziato il 23 giugno 1902, aveva messo in luce, come dice la stessa Schwarz, le tristi condizioni di lavoro e di vita in cui si trovano tante bambine operaie e si era concluso con l’accettazione delle loro richieste. Durante lo sciopero, l’Unione svolse un ruolo di collegamento tra le piscinine e la Camera del Lavoro di Milano, aprendo la propria sede alle bambine e creando l’associazione La Fraterna per le piccole lavoratrici che si erano avvicinate all’Unione. La Fraterna forniva loro formazione, con l’organizzazione di numerosi corsi di economia domestica, calligrafia, cura dell’infanzia, pronto soccorso – oltre che quelli della Scuola di disegno professionale tenuta dal professore di Brera Giuseppe Mentessi – ma offriva alle ragazzine anche momenti di svago e ricreazione; dal 1911 l’associazione si rivolse anche alle ragazze più grandi e alle donne adulte, Lina Schwarz si occupava, in particolare, della biblioteca.
Collaborò anche con un’altra iniziativa nata con il sostegno dell’Unione Femminile ed in particolare per l’intervento dell’avvocato Edoardo Majno, figlio di Ersilia, il “Patronato dei minorenni condannati condizionalmente” fondato nel 1908 su sollecitazione di Lucy C. Bartlett, autrice del Femminismo alla luce dello Spirito ed esponente del movimento per la riforma delle carceri. Fondato a Milano nel 1908, il Patronato, che aveva sede a Milano in via Monte di Pietà 9 presso una delle sedi dell’Unione Femminile, si proponeva di affidare ogni minore condannato a un tutore volontario, scelto tra giovani avvocati, studenti universitari, maestri il quale con assidua azione tutelare e educativa lo assiste e lo sorregge durante tutto il periodo di sospensione della pena (Corriere della Sera, 3 luglio 1909). Dai sessantacinque minori seguiti all’inizio si arrivò a oltre centocinquanta ragazzi seguiti, con percentuali molto basse di recidiva.
Antroposofia
Oltre alla scrittura, e comunque sempre legata alla scrittura stessa, centro dell’attività e del pensiero di Lina Schwarz fu l’Antroposofia nata da Rudolf Steiner. Steiner, che proveniva dalla Società Teosofica, definì l’Antroposofia una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo. L’Antroposofia vede nell’incarnazione di Cristo un momento fondamentale nella storia dell’umanità, possiamo quindi far coincidere l’incontro con Steiner con il passaggio a una visione cristiana che impegnerà da quel momento la religiosità di Lina Schwarz, battezzata solo nel 1941. Il primo incontro con Steiner risale al 1904; negli anni successivi, Lina, insieme a Charlotte Alexander Ferreri, progetta la fondazione del primo gruppo milanese per diffondere nel nord Italia i principi dell’Antroposofia. Si tratta del secondo gruppo italiano, dopo il gruppo Novalis fondato a Roma nel 1910 da Giovanni Collazza. Il gruppo, intitolato a Leonardo Da Vinci – sembra su suggerimento dello stesso Steiner, dopo un incontro nel 1911 che terminò con la visita al Cenacolo di Leonardo – nasce ufficialmente il 28 febbraio 1913 e fissa la propria sede in via San Pietro all’Orto 7, trasferendosi nei decenni successivi in via De Amicis e più tardi in via Fiamma 32, presso l’abitazione di proprietà della Schwarz. In quegli anni Lina Schwarz segue diverse conferenze dello stesso Steiner a Monaco tra cui quelle in cui si parla dei quattro “misteri drammatici” e in queste occasioni interroga Steiner sullo spirito del popolo italiano. Lina divenne quindi la traduttrice ufficiale dal tedesco di saggi e conferenze di Steiner, tra cui Cronache dell’Akasha e I Punti essenziali della questione sociale.
Nel 1923 Lina Schwarz rappresenta l’Italia, insieme a Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e a Emmelina De Renzis, al convegno di Natale a Dornach che portò alla fondazione della Società Antroposofica Universale. Negli anni successivi si formano altri gruppi locali, riuniti nel 1931 a Trieste nella Società Antroposofica d’Italia. Nel 1939 un nipote di Lina, l’ingegnere Dante Vigevani, che con la moglie Irene Cattaneo aveva creato l’anno prima in Francia una comunità dedicata alla pedagogia steineriana e all’agricoltura biodinamica, ha l’occasione di acquistare nella provincia di Varese, ad Arcisate, la cascina La Monda per proseguire in quella zona la loro attività; l’anno seguente Lina Schwarz fonda insieme a questi ultimi ma anche a Rinaldo Küfferle, Anna Budit, Willy Schwarz e sua moglie Silvia Colorni il Gruppo di Lavoro Antroposofico. Anche Willy Schwarz era nipote di Lina, figlio del fratello Gustavo e di Carolina Rothschild, era nato il 17 luglio 1906 a Milano, dove si era laureato in Medicina e aveva conosciuto e sposato Silvia Colorni, sorella del filosofo e politico antifascista Eugenio, con cui ha le tre figlie Laura, Clara e Susanna. Entrambi furono molto attivi nel Gruppo antroposofico milanese e tradussero, al pari della zia, molte opere di Steiner.

“Era scesa la notte ma tutt’intorno il cielo rosseggiava di fiamme”
Le leggi antiebraiche e i primi anni di guerra
Nell’agosto 1938 anche Lina Schwarz viene inserita nel Censimento degli ebrei e, con le leggi antiebraiche, anche la sua attività di scrittrice viene compromessa. In quanto ebrea incorre nella censura del Regime, un articolo di Critica fascista del gennaio 1939 la addita, insieme a molte altre scrittrici per l’infanzia, da Cordelia a Haydee a Laura Cantoni Orvieto, concludendo: Ogni personaggio uscito da penna ebraica talmudeggia (…) Non ci si creda quindi inesorabili se proponiamo che in questo campo della letteratura amena e infantile sia bandita ogni indulgenza (Bonifica Libraria in “Critica fascista”, gennaio 1939). I suoi testi vengono cancellati dai libri scolastici e la si ritrova nell’elenco degli autori le cui opere non sono gradite in Italia, di cui si conserva soltanto l’edizione del 1942 ma che viene diffuso periodicamente dal Ministero della cultura popolare fin dal 1939; i libri di Lina Schwarz non vengono più pubblicati, anche se continuano ad essere ricercati e amati dai lettori e venduti sottobanco – come racconta il Corriere della Sera in un articolo commemorativo nel 1947. Nell’elenco degli autori vietati si trova anche il nome di Ludwig Thieben, autore di Che cos’è l’Ebraismo da Schwarz tradotto nel 1937, che pure viene utilizzato come strumento della propaganda antisemita.
Anche l’Unione Femminile è sciolta nel 1939 per la presenza di varie socie di estrazione ebraica che avevano trovato nell’Unione la sede per continuare il loro impegno politico-sociale. Grazie ad un cavillo legale, studiato dall’avvocato Edoardo Majno, la cooperativa riesce a conservare la proprietà del palazzo milanese di corso di Porta Nuova nel quale risorgerà al termine della guerra nel 1948.
Anche le attività dei gruppi antroposofici sono costrette a chiudere i battenti dopo che, nel 1942, il fascismo decreta lo scioglimento di tutte le strutture italiane che fanno parte della Società Antroposofica Universale, il gruppo di Milano è il primo ad essere chiuso.
A causa delle leggi del 1938 lo stabile di proprietà di Silvia Colorni e del fratello Eugenio, in cui abitava con il marito e le figlie, viene sottoposto a esproprio dall’EGELI e, con l’eccezione di alcuni appartamenti tra cui quello di abitazione, viene dopo qualche anno venduto.
Nell’ottobre 1942 Milano subì il primo di una lunga serie di bombardamenti dell’aviazione alleata che avrebbero ucciso tante vite e inferto danni gravissimi al suo patrimonio artistico e architettonico. Una lettera di Willy al fratello Franco, rifugiatosi all’inizio delle persecuzioni antiebraiche negli Stati Uniti, conservata nell’archivio della famiglia Schwarz, racconta nei dettagli la violenza di quei primi bombardamenti.


“A Milano effettivamente e così pure in tutte le grandi città, l’entusiasmo della popolazione proruppe spontaneo e incontenibile”
1943 – 1944: dalla speranza nella caduta del fascismo alla Repubblica di Salò
Dopo i primi bombardamenti a tappeto vari membri della famiglia Schwarz si trasferiscono poco a poco ad Arcisate, dove, dopo l’occupazione dell’Italia da parte dei tedeschi, La Monda accoglierà fino alla fine della guerra diversi bambini e altre persone perseguitate, tra cui una nipote di Fernanda Wittgens, storica dell’arte e in seguito sovrintendente della Pinacoteca di Brera.
Fra i membri della famiglia Schwarz che confluiscono ad Arcisate vi sono Lina, i fratelli Ugo e Gustavo con la moglie e le pronipoti Laura, Clara e Susanna, figlie di Willy; Laura e Clara, come uditrici, riuscirono a frequentare la terza e la prima classe nella scuola elementare locale, mentre i loro genitori Willy e Silvia, come molti altri, facevano la spola tra Milano e Arcisate. Mentre la sorella di Willy, Stella, in attesa del marito prigioniero di guerra Fabio Padoa-Schioppa, si rifugiò con i tre figli a Bée in Piemonte e poi a Sori in Liguria.
Nella stessa lettera del novembre e in una successiva iniziata nel maggio 1944 e terminata nel 1945, entrambe spedite solo dopo la guerra, Willy Schwarz racconta al fratello Franco la speranza, ben presto disillusa, della rapida caduta del fascismo dopo la riunione del Gran Consiglio del 25 luglio 1943 e l’arresto di Mussolini, i bombardamenti dell’agosto e, dopo l’8 settembre, l’arrivo dei tedeschi e gli echi delle prime stragi naziste a Meina sul Lago Maggiore, a pochi chilometri da Arcisate.
Dante Vigevani è il primo a partire per la vicina Svizzera, il 23 settembre cercano di varcare il confine, senza riuscirci, i genitori di Willy Gustavo e Carolina; il giorno dopo, provato dall’esperienza ma più ancora da una profonda depressione, si toglieva la vita Gustavo Schwarz.
Con l’aggravarsi delle persecuzioni antiebraiche Willy Schwarz e la moglie sono costretti a nascondersi e a dividersi: Willy trova ospitalità presso il seminario di Venegono inferiore, in provincia di Varese, il convento costruito a partire dal 1928, per volere del cardinale Schuster, per educare i preti ambrosiani, le tre figlie Laura, Clara e Susanna vengono ospitate a Varese nel collegio Sant’Ambrogio delle Suore della Riparazione Casa di Nazareth mentre la madre Silvia, solo dopo molte ricerche, riesce a trovare rifugio anche lei in una struttura religiosa.
Dalle stesse lettere scopriamo che nel febbraio 1944 Willy potè approfittare di un passaggio in Svizzera, seguito il mese dopo dalle zie Lina e Lucia, mentre Silvia con le figlie furono costrette a spostarsi a Milano, riunendosi nella stessa struttura religiosa, il convento delle Suore della Riparazione Casa di Nazareth in corso Magenta.
Intanto, nel corso del 1944, anche altri beni di famiglia vennero colpiti dai provvedimenti dell’EGELI: a Lina venne confiscato l’appartamento di via Fiamma, alla sorella Lucia alcuni mobili lasciati ad Arcisate, agli eredi di Gustavo, senza esito perché non di loro proprietà, gli appartamenti in affitto dove vivevano a Milano e, infine, a Willy una polizza assicurativa che aveva la figlia Laura come beneficiaria.
La Liberazione e il dopoguerra
Il 26 aprile 1945, nella Milano appena liberata, Silvia Colorni Schwarz potè uscire dalla clandestinità e assistere insieme alla figlia in piazza Fontana alla sfilata delle colonne partigiane. Fu il primo momento di libertà dopo gli ultimi anni di paure e incertezze, ma per riunire tutta la famiglia passarono ancora alcuni mesi. Gli ultimi mesi della clandestinità Silvia e le tre figlie avevano dovuto spostarsi una terza volta affittando un’abitazione di proprietà di Emily Bayer, una signora tedesca che lavorava presso il Comando germanico: per aver prestato loro aiuto Emily Bayer è stata inserita quest’anno tra i nomi del Giardino dei Giusti di Milano.
Durante la clandestinità, da un’amica incontrata per caso, la storica dell’arte Maria Luisa Gengaro, Silvia Colorni era venuta a conoscenza della notizia diffusa da una radio clandestina dell’uccisione del fratello Eugenio. Mentre iI regime lo credeva espatriato in Svizzera, Colorni si era, invece, nascosto a Roma dove aveva contribuito alla nascita della prima Brigata Matteotti, alla ricostituzione del Partito socialista e alla diffusione del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, al quale aveva collaborato nel confino di Ventotene e di cui aveva curato la prefazione. Eugenio Colorni era morto in ospedale, sotto falso nome, per le ferite infertegli in un agguato da alcuni esponenti della banda Koch il 28 maggio 1944, pochi giorni prima della liberazione della città di Roma.
Nei mesi successivi, dopo l’apertura della frontiera svizzera, la famiglia poté riunirsi: prima del ritorno ad Arcisate Lina Schwarz dedicò alla sezione della Croce rossa di Locarno un breve componimento intitolato L’addio del rifugiato. A tutti vennero restituiti i beni che erano loro stati sequestrati dall’EGELI: lo stabile di via Guido d’Arezzo di Silvia ed Eugenio Colorni, già espropriato nel 1939, e i beni di Gustavo, Lucia e Lina Schwarz. Ad Arcisate nella casa della Monda, oggi residenza per anziani e centro di formazione ispirato ai canoni dell’Antroposofia, sono tuttora conservati la Biblioteca e un ricco archivio di Lina Schwarz.
Dopo la guerra Willy Schwarz riprese la professione di medico pediatra che lo porterà anni dopo a diventare il primario del Reparto pediatrico dell’Ospedale Principessa Jolanda, l’attuale residenza per anziani del Pio Albergo Trivulzio.
Lina Schwarz trascorse gli ultimi anni della sua vita nella tranquillità di La Monda, circondata dall’affetto di amici e parenti. La morte sopraggiunse ad Arcisate il 24 novembre 1947. Sulla sua lapide scelse di far scrivere detta zia Lina: così desiderava essere ricordata dalle varie generazioni successive. Anche per questo venti anni dopo le sarà intitolata la scuola elementare locale.