Fabio Luzzatto

Fabio Luzzatto, avvocato, nel primo quarto del Novecento si batte per dare ai più poveri un’assistenza legale e per il diritto di voto delle donne. Ufficiale decorato nella Grande guerra, è tra i più forti oppositori del fascismo insieme ai figli Dino e Lucio Mario, e tra i dodici professori che si rifiutano di prestare giuramento di fedeltà al regime. Nel 1943 è costretto a fuggire in Svizzera con tutta la sua famiglia, rientrando a metà 1945 e riprendendo a insegnare diritto in università.

L’avvocato dei poveri

Fabio Luzzatto nacque a Udine nel 1870. Fu uno studente brillantissimo, e nel 1890 si laureò in giurisprudenza a Bologna. Mazziniano, massone e repubblicano, cinque anni più tardi divenne docente straordinario di diritto civile presso l’Università di Macerata, dove poco dopo, nel 1898, fu sospeso per aver firmato un manifesto considerato sovversivo. Trasferitosi a Milano nel 1900 iniziò ad insegnare all’Istituto Tecnico Carlo Cattaneo e a collaborare con lo zio Riccardo, un ex garibaldino radicale, nel suo studio di avvocato di via Lauro. Le sue idee erano forti e risolute, tanto da essere coinvolto in un duello alla sciabola con Claudio Treves, direttore del Tempo, per dissidi sull’omicidio di un socialista accoltellato nelle Marche da alcuni Repubblicani. Altrettanto forte fu però il suo attivismo sociale e il suo coinvolgimento nelle istituzioni pubbliche milanesi: nel 1903 venne nominato nella Commissione d’inchiesta statistica delle Case Popolari del Comune; nel 1905 fu eletto nel Consiglio della Congregazione di Carità di Milano, dove fu uno dei promotori dell’ideazione di un ufficio legale che assistesse gratuitamente i poveri. La Congregazione di Carità, secondo un più ampio progetto di riforma da lui propugnato, si sarebbe dovuta trasformare da ente erogatore a vero centro motore di una nuova idea di beneficenza, attenta più alle realizzazioni concrete (di scuole, cooperative, laboratori, ecc.) che non alla mera erogazione economica, sulla falsa riga proprio di quanto stava facendo la Società Umanitaria. L’ufficio sarebbe stato creato in seguito, proprio insieme a all’Umanitaria, di cui Fabio era avvocato nello stesso periodo. Il consorzio nacque con Fabio ormai dimessosi dalla Congregazione per motivi di salute. Per l’Umanitaria elaborò anche un parere sull’opportunità di aprire una Casa di Lavoro, collaborò alla stesura dei programmi della Scuola di legislazione sociale, e affiancò Riccardo Bauer nel lavoro bibliografico per l’allestimento del “Museo Sociale”. Nel primo quarto di secolo si impegnò anche nella causa emancipazionista delle donne, soprattutto per quanto riguarda il diritto di voto, curando per l’Unione Femminile Nazionale un ciclo di conferenze sulla “Condizione giuridica della donna”, articolato in sei lezioni.  Le attività dell’Unione erano del resto sostenute da tutta la famiglia Luzzatto, che contava tra i suoi componenti alcune socie, tra le quali sua moglie Luisa Sanguinetti, una delle primissime iscritte.

Patrioti e irredenti

La famiglia Luzzatto era divisa tra Udine e Milano. Riccardo, zio di Fabio, uno dei più giovani tra i mille garibaldini di Quarto e poi deputato del Regno, esercitava l’avvocatura a Milano; i suoi fratelli, Oscar e Fanny, rimasero in Friuli, il primo come medico condotto e scolastico a Udine, la seconda come infermiera. Fabio nel 1903 aveva sposato Luisa Sanguinetti, figlia del senatore Cesare. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Guido Lodovico (1903), Gina (1904), Dino Cesare (1909), Lucio Mario (1913). In contemporanea con la nascita dell’ultimo figlio, Fabio tentò invano di essere eletto al Senato al posto dello zio Riccardo, che si era dimesso in seguito allo scandalo per la costruzione del palazzo di Giustizia di Roma. Lo scoppio della Grande Guerra riaccese i sentimenti antiaustriaci e patriottici dell’intera famiglia. Riccardo, che alla fine della terza guerra d’Indipendenza aveva promesso di tornare a lottare se si fosse combattuto per una nuova indipendenza, a 73 anni partì volontario come tenente di fanteria sul fronte goriziano; Oscar partecipò come capitano medico di complemento in vari ospedali militari; Fanny si guadagnerà una medaglia di bronzo al valor militare per la sua generosa attività all’Ospedale di guerra n. 11 di Cormons. Anche Fabio, nonostante le precarie condizioni fisiche, per le quali era già stato riformato alla visita di leva, ormai 45enne, ottenne di essere arruolato come volontario nel corpo degli alpini. Nell’agosto del 1915 fu di stanza sul fronte dell’Alto Isonzo e lì, in dicembre, venne ferito alla mano e alla spalla, e trasferito all’ospedale militare allestito presso l’Albergo Popolare a Milano. Rimessosi, nel 1916 tornò al fronte. Venne congedato al termine del conflitto con il titolo di capitano di complemento, e fu insignito della medaglia di bronzo al valor militare con anche due croci di guerra. Tornato alla vita civile riprese tutte quelle attività che la guerra aveva interrotto: l’insegnamento e l’attività forense. Oltre a ciò si dedicò all’associazione degli ex combattenti, di cui fu eletto presidente per acclamazione nel 1919, e alla massoneria, di cui raggiunse il massimo grado quello stesso anno.

“Cara Ny, nel ringraziarti della ultima tua cartolina ultima ricevuta si intende posso aggiungere una novità non piacevole. Mentre io ero in ufficio ieri pigliava fuoco la baracca ove dormo e molta roba andava perduta.”

Una famiglia di antifascisti

Educata alla libertà e alla democrazia sopra ogni cosa, la famiglia Luzzatto si oppose fin da subito al regime fascista. Fabio dal 1923 aveva aderito all’Associazione per il controllo democratico, le cui riunioni si tenevano nel suo appartamento di via Canova, con Carlo Rosselli, Filippo Turati e Carlo Sforza. Pochi mesi dopo, nel luglio del 1924, venne travolto da un’automobile vicino a casa, in via Pagano, all’altezza del Ponte della ferrovia, subendo la frattura delle gambe. Nel 1929 ottenne la Cattedra di Diritto Civile in Università Statale, oltre ad insegnare legislazione agraria al Regio Istituto Superiore Agrario di Milano. Il regime però lo controllava da tempo ritenendolo poco idoneo, a causa della sua militanza politica, all’insegnamento. Il suo rifiuto di giurare fedeltà al fascismo, come da legge del 1931, lo fece allontanare dall’Università. Insieme ai figli Dino e Lucio Mario partecipò ad alcune riunioni del gruppo Giustizia e Libertà, in seguito alle quali fu imprigionato insieme agli altri associati; fu incarcerato per due settimane e in seguito rilasciato, ma venne poi sempre tenuto sotto stretta sorveglianza dalla polizia e dall’OVRA. Anche Dino e Lucio Mario si avvicinarono a Giustizia e Libertà. Il primo nel 1931 venne arrestato ed assegnato al confino di polizia per quattro anni; in seguito la pena venne commutata in ammonizione. Due anni più tardi, nel marzo del 1933, fu nuovamente arrestato insieme ad appartenenti al movimento “Neo Guelfi”, un altro gruppo di antifascisti; nel 1935 venne arrestato una terza volta per aver avuto dei contatti con dei fuoriusciti. Lucio Mario, più vicino a posizioni socialiste, nel maggio 1931 partecipò alle manifestazioni studentesche di solidarietà con Arturo Toscanini, vittima a Bologna della violenza fascista. Nel 1932 cominciò con altri la pubblicazione di «Fronte rosso» ed entrò nel Comitato centrale socialista. Nell’estate del 1936 espatriò per la prima volta e nell’aprile 1937 venne arrestato insieme ad altri militanti e dirigenti del fronte unitario antifascista milanese. Deferito al Tribunale speciale venne assolto per insufficienza di prove, ma condannato a 5 anni di confino, che scontò a Belvedere Marittima presso Cosenza e a Polla in Lucania.

Il 1938, l’esilio e la fuga in Svizzera

Con le leggi antiebraiche Fabio, che già era stato messo a riposo dall’università, il 10 giugno 1939 venne dichiarato decaduto dal suo incarico come docente di Diritto Civile, e insieme al figlio Dino fu cancellato dall’albo professionale dal Direttorio del Sindacato Fascista avvocati e procuratori di Milano. Con loro anche lo zio di Fabio, Attilio, e il cugino Enrico, figlio di Riccardo, entrambi avvocati dello studio di famiglia attivo a Milano già da fine Ottocento. Gina Luzzatto, che era stata prima assistente e poi aiuto all’Istituto di Botanica di Milano, allontanata dall’Università si rifugiò in Francia. Sarà costretta a tornare in Italia nel 1940 per la morte della madre, malata da tempo. Con le nuove disposizioni le verrà sequestrata la pensione. Guido Lodovico, storico dell’arte e socialista, che nel 1929 aveva preso parte alla preparazione della fuga da Lipari di Rosselli, Lussu e Nitti, e che salvò dalla distruzione le carte e parte della biblioteca di Claudio Treves, con l’aumento delle persecuzioni si trasferì fin da subito in Svizzera, a Lugano, dove sotto vari pseudonimi collaborò con varie testate antifasciste e con il quotidiano svizzero “Libera stampa”. Dino, arrestato nuovamente nel giugno 1940, all’atto della dichiarazione di guerra, fu tradotto nel campo di internamento di Urbisaglia, presso Macerata, e poi trasferito a Polla, dove si trovava in esilio anche Lucio Mario, e vi rimase fino a fine 1941. Nel settembre 1943, a seguito del reiterato diniego ad ottenere il passaporto, decise di emigrare clandestinamente in Svizzera. Lucio Mario, liberato nel 1942, tornò a Milano e fu, con Basso e Bonfantini, tra i promotori del Movimento di Unità Proletaria, che confluirà poi nel Psiup ad agosto del 1943. Non essendo riuscito ad unirsi ai militari sbandati della Val d’Intelvi, e impossibilitato a rientrare a Milano, raggiunse la Svizzera il 15 settembre 1943, passando la frontiera con la figlia Annarosa dalla Valle di Muggio, con documenti falsi a nome  Brambilla. Un mese dopo venne raggiunto dalla moglie Eloisa Sadun, da Gina, Fabio e Oscar, che all’armistizio si trovavano a Clusone. In Svizzera i Luzzatto furono internati a Castagnola, e si sistemarono poi presso la pensione Singer, a villa Elisa, e a fine aprile del 1944 a Paradiso, presso Villa Mon Bijou. Qui Lucio Mario lavorò nella delegazione del Clnai all’estero, ricoprendo per un breve periodo la carica di segretario. Lucio, Fabio e Guido Lodovico, insieme ad altri rifugiati come Ezio Vigorelli e Altiero Spinelli, tennero inoltre alcune conferenze a Lugano, al Liceo cantonale e alla Camera del Lavoro, generando un fervente dibattito politico all’interno della comunità italiana.

Ritorno in via Canova

Nel luglio del 1945 Fabio Luzzatto e la sua famiglia fecero ritorno a Milano. La casa e lo studio di via Canova, già colpiti dai bombardamenti, erano stati saccheggiati, la documentazione professionale, l’archivio degli studi e delle pubblicazioni erano stati distrutti, sparpagliati o spariti. Non fu reintegrato nella cattedra universitaria, ma gli fu conferita la libera docenza presso l’Università degli Studi di Milano, per gli insegnamenti di Diritto civile e Diritto agrario. Fabio continuò anche la sua attività di pubblicista, scrivendo articoli sui diritti degli esclusi e dei più deboli, chiedendo di abolire le leggi del regime che tanto dolore e sofferenza avevano causato. Negli ultimi anni della sua vita riprese i contatti con la massoneria. Dopo la fine della guerra, nel 1945 fu nominato membro del Supremo Consiglio e del Governo dell’Ordine e nel 1950 divenne Gran Maestro Onorario ad vitam della Gran Loggia Nazionale. Si spense a Milano a 84 anni, nel 1954. Fu sepolto a Udine, nella cappella di famiglia, collocata in vicinanza del reparto ebraico del cimitero, ma all’esterno, a dimostrazione del laicismo della famiglia, pur nel ricordo del mondo ebraico. Dino alla fine della guerra tornò a Milano, dove collaborò inizialmente con il Comitato di liberazione nazionale e con il Movimento di collaborazione civica per diffondere la cultura popolare, l’istruzione degli adulti e la gestione di biblioteche periferiche. Lucio Mario continuò la sua carriera politica, svolse funzioni dirigenziali prima nel Psiup, ed in seguito nel Psi. Tra il 1945 e il 1948 diresse per qualche tempo l’ufficio stampa e propaganda della direzione e ricoprì il ruolo di ispettore del partito, di cui fu, dal gennaio 1947 al giugno 1948, membro della direzione e dell’esecutivo. Gina venne reintegrata nel suo ruolo di aiuto all’Istituto di Botanica, ma essendo in sovrannumero decise di lasciare e di dedicarsi all’insegnamento, prima a Ferrara, poi all’Istituto Tecnico Schiapparelli di Milano. Continuò la sua attività di botanica, attiva nella catalogazione delle piante, fino alla sua morte, avvenuta nel 1975.

“Arturo Labriola ha osservato, per quanto si dice, che, cessato il fascismo, non hanno cessato di esistere le leggi fasciste.”

Una nuova vita al servizio della pace e della comunità

Dino Luzzatto dal 1948 e per 30 anni diresse l’ufficio legale della Camera del Lavoro di Milano. Fu la coerente prosecuzione di una scelta di militanza a favore degli ideali di giustizia e libertà che fin dal principio lo avevano mosso, e pertanto entrò a far parte del direttivo della Camera del Lavoro di Milano, prodigandosi per i diritti dei più deboli. Nello stesso periodo fu anche redattore della prestigiosa “Rivista giuridica del lavoro”. “Uomo libero, laico e onesto intellettualmente” – come lo ricorderà il suo successore – fu anche un uomo dalle decisioni meditate e sofferte, come quando nel 1967 diede le dimissioni dalla comunità israelitica in disaccordo sulla guerra dei sei giorni; o quando nel marzo 1975 chiese di essere cancellato dall’albo degli avvocati. Nell’immediato dopoguerra aveva aderito al Partito d’Azione, come naturale prosecuzione del movimento di “Giustizia e Libertà”, e dopo il suo scioglimento si iscrisse al Psiup e poi al Psi. Nel 1964 partecipò alla fondazione del nuovo Psiup, formazione a cui rimase legato fino allo scioglimento nel 1972. Morì a Milano, il 22 settembre 1978. Lucio Mario nel maggio 1949 assunse l’incarico di segretario del partito. Rieletto nella direzione socialista nel 1963, al XXXV congresso, fu tra i promotori della ricostituzione del Psiup, della cui direzione fece parte come responsabile della sezione internazionale fino al 1972, quando con la maggioranza del partito entrò nel Pci. Membro della Consulta nazionale, fu anche membro della commissione di studio per la riorganizzazione dello Stato del Ministero della costituente. Fu eletto deputato nella I legislatura repubblicana, e dal 1968 al 1972 fu nominato vicepresidente della Camera dei deputati. Suo un duro discorso contro la violenza pochi giorni prima degli scontri di Valle Giulia. Nel giugno 1972 abbandonò tutte le cariche politiche, essendo stato eletto nel Consiglio superiore della magistratura. Attento ai problemi internazionali sin dal 1950, venne eletto nel comitato di presidenza del Consiglio mondiale della pace nel 1955; fu vicesegretario del comitato permanente per la lotta contro il colonialismo nel Mediterraneo. Morì a Roma il 4 ottobre 1986, al ritorno da un viaggio in Corea. Guido Lodovico Luzzatto dal 1964 al 1975 diresse la rivista “Eco dell’educazione ebraica”, e partecipò a convegni internazionali sulla storia dell’arte. Aderì alla causa della pace e dei movimenti pacifisti, partecipando ai congressi di Copenaghen, Scheweningen e Parigi. Dagli anni Cinquanta si dedicò assiduamente alla composizione di esametri, molti dei quali apparvero nei giornali locali della Svizzera italiana. Morì a Milano il 23 gennaio 1991.

“La nostra Costituzione repubblicana ripudia il ricorso a metodi violenti e teppistici che si definiscono con una sola parola: con la parola fascista.”

ViteAttraverso. Storie, documenti, voci di ebrei milanesi nel ‘900.
A cura di Laura Brazzo, Carla Cioglia, Francesco Lisanti.

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