25 aprile 1945

Le storie qui raccontate, grazie a un meritorio lavoro di scavo negli archivi e di raccolta di  testimonianze, prendono tutte avvio dal 25 aprile 1945, quasi a voler giustamente confermare che quella data (e la Resistenza…) sono all’origine della storia dell’Italia contemporanea. Tanto più oggi che, riecheggiando le parole di uno storico dell’epoca, davvero ogni testimonianza corre il rischio di sembrarci un «pallido riflesso lontano d’un incendio che avvolge città e campagna, borghi e casolari, dilaga nelle valli e procede con movimento accerchiante verso il centro» (Giacomo Perticone, La repubblica di Salò (Settembre ’43-Aprile ’45), Leonardo, Roma 1947, p. 176).

Sfilata a Milano del Comando generale del C.V.L. (Corpo Volontari della Libertà): da sinistra, Mario Argenton, Giovan Battista Stucchi, Ferruccio Parri, il generale Raffaele Cadorna, Luigi Longo, Enrico Mattei e Fermo Solari, 6 maggio 1945 (Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo)

A proposito di queste storie, possiamo forse parlare, rifacendosi alle nota definizione di memoria collettiva data da Maurice Halbwachs, di una memoria generazionale, e quindi, in una qualche misura, di quello “spazio di esperienza” rappresentato dalla guerra di cui hanno scritto Reinhart Koselleck e Paul Ricoeur:

“Non esiste alcuna comunità storica che non sia nata da un rapporto assimilabile senza esitazione alla guerra: noi celebriamo con il titolo di eventi fondatori sostanzialmente atti violenti, legittimati a posteriori da uno Stato di diritto precario. Ciò che per gli uni fu gloria, fu umiliazione per gli altri, e alla celebrazione di una parte corrisponde l’esecrazione dell’altra: in questo modo negli archivi della memoria collettiva sono immagazzinate ferite non del tutto simboliche” (Paul Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare, il Mulino, Bologna 2012, p. 72).

Siamo quindi di fronte ad una “generazione della guerra”, che sente in modo particolarmente forte il “passaggio generazionale”, in una Milano molto diversa dall’attuale, con una dimensione comunitaria della vita quotidiana, soprattutto per gli adolescenti, che ci è ormai quasi totalmente sconosciuta. La guerra (con la rivelazione delle menzogne della propaganda fascista e del mito del “buon italiano”), i terribili bombardamenti dell’agosto 1943, la sconfitta, il crollo del fascismo e l’8 settembre, Salò e l’occupazione tedesca, costringono inevitabilmente tutti a delle scelte (anche quelle della “zona grigia”), facendo assumere a molti dei protagonisti di queste storie, consapevolmente o meno, il ruolo di “testimone morale” indicato da Avishai Margalit, nell’indicare il ruolo della dignità e della libertà, di quella formazione culturale che molti di loro non hanno potuto avere, della orgogliosa rivendicazione di quanto fatto, nella speranza di un mondo migliore.

Il sindaco Antonio Greppi parla ad una manifestazione per la pace in piazza Duomo, 19 agosto 1945 (Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo)

Questa consapevolezza l’avevano invece certamente coloro ai quali spetterà il duro compito della ricostruzione di Milano (259.854 locali erano stati distrutti dai bombardamenti), dal Prefetto Riccardo Lombardi alla giunta nominata dal CLN (che resterà in carica fino al 1949), presieduta dal sindaco Antonio Greppi. Avvocato, poeta e scrittore dialettale, cattolico e socialista, discepolo di Treves e Turati, partigiano come il figlio Mariolino ucciso dai fascisti, scriverà in Risorgeva Milano, il libro che ricorda i 6 anni di esperienza amministrativa: “La stessa sera, risalendo le scale del Municipio dopo aver raccolto i miei ricordi più sacri davanti alle tombe di Caldara, di Filippetti, di Anna Kuliscioff, sentivo ancora più grande la mia responsabilità. Mi ero impegnato coi vivi e coi morti”.

Interno del Teatro alla Scala di Milano dopo i bombardamenti, 16 agosto - 31 agosto 1943 (Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo)

Quella sera, memore anche delle misure adottate dal sindaco Caldara per garantire i rifornimenti essenziali alla città durante la Prima guerra mondiale, decise di sequestrare tutti i mezzi disponibili per organizzare colonne che raggiungessero le campagne circostanti. Superata la fase più critica per gli approvvigionamenti alimentari, con il ritorno in città dei reduci e degli sfollati, esplose la crisi delle abitazioni. Uno dei primi provvedimenti adottati consistette quindi nell’ordine di sopraelevare di un piano tutti gli edifici privi di vincoli e con strutture che lo permettessero. Così pure ogni sforzo venne posto per contrastare la borsa nera. Uno degli strumenti fu la rete dei mercati comunali coperti, che svolgerà un ruolo fondamentale a favore dei consumatori per oltre mezzo secolo.

A Greppi fu pure chiaro il ruolo centrale della cultura nella ricostituzione del tessuto cittadino. Ricostituì rapidamente i corpi musicali della Scala, organizzando concerti e spettacoli all’aperto e, contestualmente, si dedicò alla ricostruzione dell’edificio del Teatro, colpito dai bombardamenti. Verrà riaperto nel maggio 1946 con un concerto di Toscanini. Nella primavera dell’anno successivo fu inaugurato, grazie a Paolo Grassi e Giorgio Strehler, il Piccolo Teatro, nell’edificio di via Rovello che era stata la sede della famigerata Legione Muti.

Antonio Greppi nel suo primo, breve discorso da Sindaco della Milano liberata, così dichiarò: “Ora noi lavoreremo insieme e certo avremo una sola volontà e un solo cuore. Il nostro compito non è facile, ma Milano ci aiuterà. E noi la vedremo risorgere giorno per giorno dalle sue rovine. Ragazzi all’opera! E da allora, per oltre sei anni, sempre dissi ragazzi ai miei collaboratori. Un vocativo fraterno e stimolante, venuto fuori ad esprimere il senso di rinascita, puro e irresistibile, di quelle giornate”.

A 75 anni di distanza non pensavamo di vivere giornate così ugualmente, sia pure diversamente dolorose. Né di doverci richiamare direttamente all’opera e alla lezione di Greppi. Eppure, così è: “Ragazzi all’opera!” è perciò un’esortazione (e un augurio, molto milanese) dei ragazzi di ieri per quelli di oggi e di domani.

Giovanni Scirocco,
Università di Bergamo
Istituto nazionale Ferruccio Parri

ViteAttraverso. Storie, documenti, voci di ebrei milanesi nel ‘900.
A cura di Laura Brazzo, Carla Cioglia, Francesco Lisanti.

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